Scelta ed uso delle pietre gialle e brune

Sezione sottile a nicol incrociati

Molto spesso la scelta delle pietre da utilizzare come Dimensional Stones (pietre che hanno subito un processo di selezione e finitura fino ad ottenere dimensioni o forme specifiche) è subordinata ai gusti estetici e alle mode: ci sono gli anni dei materiali grigi, verdi, rossi…
Materiali classici sono quelli gialli o giallo-bruni, dalle tonalità calde che, come il legno, creano atmosfere rilassanti,  “fanno casa”; ma come sceglierli? Sono adatti all’uso che se ne vuole fare? Occorre utilizzarli prestando qualche attenzione? Quali sono le loro caratteristiche?
Confrontando i dati tecnici di due graniti generici, uno di colore grigio ed uno giallo, si deduce che mediamente il granito grigio ha delle caratteristiche fisico meccaniche migliori, mentre quello giallo è di solito associato a valori più bassi con una riduzione delle sue caratteristiche comportamentali.
Petrograficamente parlando, siano essi grigi o gialli, i graniti sono principalmente costituiti da una serie di minerali caratteristici e standard che sono:

  • Quarzo (20-60 %)
  • Plagioclasio (10-65%)
  • K-Feldspato (90 – 45 %)
  • Biotite

 Il quarzo è un minerale molto stabile e, buon per lui, trova veramente pochi motivi di alterazione.
Il K-feldspato, pur non essendo inerte come il quarzo, è comunque molto più stabile rispetto agli altri minerali che costituiscono graniti o altre rocce olocristalline, mentre biotiti, plagioclasi, anfiboli (altri componenti principali dei graniti), non lo sono.
Le biotiti per esempio, i costituenti colorati più abbondanti presenti nelle rocce acide di tipo granitico, sono brune o nere per la presenza di ferro (ferroso e/o ferrico); tale ferro è caratterizzato da una debole forza di legame con la struttura atomica cristallina, dalla quale ne può essere perciò facilmente allontanato (processo di lisciviazione), ossidandosi a ferro ferrico. Quest’ultimo ha la prerogativa di colorare la superficie della roccia di bruno o di generare croste di ruggine. Il processo di alterazione dei silicati, il gruppo mineralogico in assoluto più abbondante, è generalmente lungo rispetto gli standard umani, ma molto rapido in termini geologici.
Nel 1970 due geologi, geochimici, Singer e Navrot, hanno studiato la velocità e la portata della lisciviazione dei cationi (ioni con carica positiva) da alcune rocce. Il risultato è stato:

Fe >> Mg > Na > Ca > Si >K

Il che significa che il Ferro è il catione che viene allontanato più velocemente dalle rocce, poi, con velocità minore, segue il Magnesio e in seconda battuta il Calcio seguito dalla Silice e dal Potassio.
Il Ferro ed il Magnesio, i cationi allontanati più rapidamente, sono tra l’altro i più cromatofori, quelli cioè più “coloranti”, ed il colore che conferisce il Ferro al sottofondo dove si ferma è, guarda caso, il giallo.
Il Ferro è lisciviato da biotite, miche, orneblende (tutti minerali scuri tipici dei graniti) e, come FerroFerroso solubile, attraverso le discontinuità della roccia, si trasferisce sulla sua superficie ossidandosi rapidamente in idrossido di Ferro Ferrico, insolubile e di colore giallo bruno. Dopo esservisi depositato conferisce alla roccia la tipica colorazione giallo ruggine. Quindi talvolta la patina gialla che fa tanto “casa” è in realtà un’indicazione di alterazione iniziale ed i graniti che ne sono caratterizzati dovrebbero essere testati con attenzione prima di essere utilizzati, ad esempio, in ambiente esterno.
I silicati a ferro e magnesio, come la biotite, una volta privati del ferro lisciviato  si trasformano in una miscela di diverse argille stratificate.
Le orneblende, anfiboli,  si idratano in argilla bruna, mentre l’alterazione dei feldspati (che costituiscono circa i 2/3 di tutti i minerali presenti nelle rocce ignee) è un processo di lisciviazione e idratazione che provoca opacizzazione dei minerali e la perdita della capacità di trattenere il lucido, formando sulle loro superfici un sottile film argilloso. Questa tipologia di alterazione viene definita  CAOLINIZZAZIONE. Anche essa influisce e determina la solidità e la durabilità delle rocce.

Bibliografia

  • W. Bland, D. Rolls (1998) – Weathering an Introduction to the Scientific Principles – Arnold;
  • S.M. Colman, D.P. Dethier (1986) (edited by) – Rates of Chemical Weathering of Rocks and Minerals – ACADEMIC PRESS, INC.;
  • E.M Winkler (1997) – Stone in Architecture Properties Durability 3rd Edition- Springer.

Anna Maria Ferrari

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Una risposta

  1. Andrea Dal Corso ha detto:

    Sono contento di vedere che siete tornati a lavorare sul blog.

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