Pietre e pulizia

Un bicchiere sporco di vino rosso ha prodotto questa macchia su un piano in granito.

Un bicchiere sporco di vino rosso ha prodotto questa macchia su un piano in granito.

Da sempre le pietre hanno fatto parte dell’edilizia popolare, in special modo nelle cucine e nella realizzazione dei loro lavelli.
Nel Veneto, o meglio, nel veronese essi erano generalmente costruiti con lastame proveniente dalla formazione della Scaglia Rossa, nella cui successione di 73 strati si era finito per privilegiare quei pochi strati che avevano mostrato una risposta ottimale proprio a questo utilizzo, e cioè quelli denominati “seciar” e “seciaron”. Con questi strati, spessi rispettivamente 10 e 25 centimetri, si realizzavano i “seciari” (lavabi) generalmente molto grandi, anche più di un metro di lunghezza con profondità di 70÷80 centimetri e spessore massimo, generalmente, pari a 15 cm.

Altre zone, geologicamente prive di questa successione di strati così particolari e dove i materiali estratti possono avere qualsiasi tipo di spessore, consentivano la realizzazione di lavelli generalmente più profondi ma di dimensioni minori. È indubbio comunque che ogni area trovasse conveniente utilizzare i suoi materiali, e quindi forme e colori dei lavelli della vecchia edilizia rispecchiano i materiali e la cultura di quell’area precisa: sempre nel Veronese ecco i lavelli in Rosso Verona, nel Trentino quelli in porfido, nel nord della Sardegna quelli in granito, nelle Apuane quelli in marmo di Carrara più o meno venato, e così via. Potremmo girare tutta l’Italia ma, al di là della modificazione del litotipo geologico, il concetto e l’utilizzo non cambiano e in molte vecchie residenze di campagna stupendi lavabi modellati dall’uso fanno bella mostra di sé nelle cucine di un tempo.
Ai nostri giorni la situazione economica e sociale è cambiata anche se, a dire il vero, di poco: se la lavastoviglie è un pezzo immancabile nella cucina di una donna che lavora è pur sempre vero che il lavello in pietra è considerato un pezzo importante e di arredo. Solo che nell’economia di un mercato globale come il nostro il materiale proposto non si limita ad essere quello di estrazione locale, ma sarà un materiale di moda, che piaccia come colore, come nuances…, che sia quindi alla moda ed esclusivo, un approccio, ad essere sinceri, assolutamente contrario a quello storico, dove era la necessità di un lavello, più che il desiderio di essere alla moda, a gestire tali scelte: lavello quindi con funzione pratica e non estetica come ai nostri giorni.
Le marcate esigenze estetiche dei nostri giorni che richiedono sempre prestazioni ad alto livello e per tempi prolungati, prevedono che tali oggetti siano trattati, ad esempio con idrorepellenti prima di essere posati, proprio per permettere che rimangano praticamente perfetti a lungo. Può però succedere, talvolta, che qualche cosa vada storto e che alcuni acquirenti lamentino macchie e strane ombreggiature che, a loro dire, deturpano i lavelli.
Come mai? E si che una volta si lavava esclusivamente a mano! Perché allora i lavelli di un tempo ci appaiono così belli e così poco rovinati?
Ci sono una serie di fattori da considerare:
una volta nei centri abitati vi erano le fontane di solito usate per lavare indumenti e stoviglie. Avevano quindi un doppio uso, utilizzati per la pulizia con contemporaneo utilizzo ricreativo (era un ottimo posto per “far filò”); quando non si lavava alla fontana si usava il lavello di casa, ma a quel punto, occorre ricordarlo, lo sporco delle stoviglie non era quasi mai, ahimè così unto e grasso come ai nostri giorni; i lavelli erano solo periodicamente strofinati vigorosamente con cere naturali o con olio di oliva e i detergenti erano comunque ben poca cosa rispetto quelli attuali, limitati nel numero e nei costituenti.
Ma perché, che cosa c’è nei detersivi? Ve lo siete mai chiesto? E poi, si possono usare i detersivi tranquillamente sulle pietre? Sì? No? Cerchiamo di vederlo assieme.

DETERGENTI
Detergenti, detersivi o anche preparati per lavare sono quei prodotti utilizzati quotidianamente per eliminare lo sporco da una disparata quantità di superfici: stoviglie, tessuti, piani di lavoro… pelle umana. Sono costituiti da una serie di prodotti che facilitano la rimozione dello sporco intervenendo con la loro azione sui legami che lo fissano alla superficie facendolo diventare e rimanere morbido e aumentando le forze di attrazione tra sporco e bagno di lavaggio. Queste sostanze, denominate tensioattivi in quanto lavorano appunto sulle tensioni superficiali, sono sempre mescolate ad altre sostanze complementari e possono essere posti sul mercato in forma liquida, in polvere, in pasta, ma anche in pani e in soggetti ottenuti a stampo. Ci sono quelle a uso domestico, istituzionale o industriale e la loro classificazione può anche far riferimento al fatto che siano saponi costituiti da tensioattivi naturali o detergenti sintetici.
Generalmente sono considerati sicuri sia per quanto riguarda l’uso quotidiano e sia per l’ambiente, ma…

STORIA DELLA DETERGENZA
Il primo “sapone” di cui si ha notizia – in realtà era un prodotto apparentemente molto simile – risale al 2800 a.C. e proviene dagli scavi dell’antica Babilonia, dove fu trovato all’interno di cilindri di argilla che recavano anche le incisioni relative alla sua preparazione.
Dal papiro di EBE del 1500 a.C. si apprende invece che gli egiziani lo preparavano mescolando grasso animale con oli vegetali uniti ad un sale raccolto nella valle del Nilo e chiamato “Trona” (Na3H[CO3]2.2H2O), minerale che si trova in efflorescenze in alcune regioni aride e che è un’importante sorgente di soda.
Galli e Teutoni dei barbari? Non è per niente vero! Anche loro producevano il sapone, mentre i Romani, che non erano in grado di prepararlo, lo importavano dalla Gallia più che altro, ovviamente, come prodotto cosmetico.
Sapone e pulizia personale divenne presto un connubio di grande importanza e già al tempo dei greci, Galeno, medico del 2° secolo d.C., raccomandava la pulizia e l’uso del sapone come metodo preventivo di alcune malattie.
Ma tant’è, la storia è fatta di corsi e ricorsi storici e il Medio Evo portò un periodo di oscurantismo anche nella pulizia. Fiorirono le essenze e l’arte profumiera (la puzza in qualche modo bisognava pur nasconderla sotto vestiti e parrucche puteolenti!), ma in quanto ad igiene il periodo lasciava molto a desiderare: non per altro la peste, solleticata da olezzi di lavanda e di profumi sopraffini, decimò senza farsi tanti riguardi la popolazione europea.
Nel 1600, finalmente, bagni e lavacri tornarono ad essere importanti, tanto che nel ‘22 il re Giacomo I d’Inghilterra concesse il monopolio della sua produzione di sapone per l’equivalente di 100.000 euro l’anno. Il re sì che aveva il bernoccolo degli affari! E quindi in breve tempo i saponi, sempre più richiesti, si moltiplicarono sul mercato. La necessità a quel punto divenne quella di ottenerne una produzione su larga scala anche se, fino alla fine del 1800, il sapone era l’unico detergente tensioattivo, in grado cioè di rimuovere lo sporco. Fu per aumentarne le prestazioni su tessuti o su stoviglie che le brave massaie si ingegnarono arrivando a pratiche di lavaggio del tutto particolari: per migliorare la pulizia di tessuti, per esempio, esse usavano il sapone assieme alla cenere che serviva ad abbassare la durezza dell’acqua e ad aumentare l’alcalinità delle soluzioni di lavaggio, mentre per la pulizia delle stoviglie esse lo usavano assieme a sabbia per il suo potere abrasivo (come dire, pagliette abrasive d’antan…).
Anche se pare difficile a credersi, però, furono le due guerre mondiali la causa prima della trasformazione della pulizia da sistema naturale a sistema attuale. Proprio in questi due tragici periodi, infatti, vi fu sul mercato una forte penuria di materiali naturali tra i quali i grassi nella Prima guerra mondiale e i grassi e l’olio nella Seconda. Per questo motivo i produttori di detergenti si misero a cercare, trovandole, valide alternative sintetiche ai prodotti naturali: risale al 1946 l’utilizzo, in America, del primo prodotto per bucato completamente sintetico con tensioattivi di sintesi e sequestranti di durezza (builder). E da qui, negli anni, si è arrivati alla creazione di prodotti specifici e differenziati a seconda dell’uso, per bucato, piatti o igiene personale.

FORMULAZIONI
Le formulazioni dei prodotti per la pulizia di piatti e superfici sono particolarmente diversi tra loro, anche se vi sono degli elementi funzionali che rimangono in comune con tutti. Essi sono: tensioattivi, sequestranti di durezza, acidi, agenti abrasivi, antirideponenti, agenti per il controllo della schiuma, candeggianti, enzimi, coloranti, profumi e oli essenziali, e tutti dentro a quei deliziosi liquidi profumati con il quale laviamo (rigorosamente a mano per non rovinarlo) il nostro bel servizio di cristallo. Ma cosa sono tutti questi prodotti? E che effetto possono avere sui nostri bei lavelli in pietra?

TENSIOATTIVI
Sono fondamentali per eliminare lo sporco, innanzitutto perchè ne diminuiscono la tensione superficiale e poi perché ne favoriscono la rimozione dalle superfici, evitandone la rideposizione. Possono essere di diversi tipi, tra cui:

anionici, cioè con carica elettrostatica negativa, con alto potere schiumogeno e pulente. Tra di essi possiamo ricordare gli achilbenzosolfonati, gli acilsolfonati, gli achiletossisolfati e gli elcoletossisolfati;
non ionici, privi di carica elettrostatica, meno sensibili alla durezza dell’acqua, tra i quali ricordiamo gli alcoli etossilati e gli ossidi di alchilamina. Usati prevalentemente nei lavaggi in lavastoviglie, effettuano una azione forte;
cationici hanno carica elettrostatica positiva, contengono Sali di Ammonio quaternari ed esteri;
quaternari (per la pulizia del bucato);
anfoteri possono acquisire carica elettrostatica differente secondo il tipo di soluzione in cui si trovano. Sono usati per la loro delicatezza, stabilità e potere schiumogeno.

SEQUESTRANTI DI DUREZZA (BUILDER)
Diminuiscono la durezza dell’acqua. Aiutano a tenere lo sporco in soluzione e favoriscono il lavoro dei tensioattivi. Un tempo erano a base di polifosfati, ora quasi aboliti a causa dell’eutrofizzazione (abnorme sviluppo delle alghe) dei mari. Sono solitamente sostituiti dalle zeoliti.
I prodotti per la pulizia di casa e stoviglie possono essere associati anche ad altri prodotti quali:

  • ACIDI, ad esempio l’acido citrico per rimuovere il calcare e stabilizzare il pH del prodotto;
  • AGENTI ABRASIVI, come la silice o il carbonato di calcio, per rimuovere meccanicamente lo sporco;
  • ANTIRIDEPONENTI, quale la CMC (carbossimetilcellulosa) per mantenere lo sporco in soluzione;
  • AGENTI PER IL CONTROLLO DELLA SCHIUMA, saponi siliconi, per mantenere il giusto livello di schiuma;
  • CANDEGGIANTI (a base cloro o ossigeno), Perborato, Percarbonato, Ipoclorito di sodio. Sbiancano e rimuovono le macchie;
  • ENZIMI, Proteasi, Cellulasi, Lipasi, rompono lo sporco in parti facilmente rimovibili;
  • COLORANTI, pigmenti vari. Migliorano l’estetica del prodotto e possono agire da azzurranti;
  • PROFUMI, OLI ESSENZIALI e altri ingredienti profumati, per dare un odore gradevole al prodotto.

Tabella 1. Detersivo per stoviglie a mano, liquido. Composizione media.

Tensioattivi (anionici, non ionici, anfotero)

10-35%

Etanolo

0-3%

Elementi minori

Profumo

0-0,5%

Sali inorganici

0-5%

Acqua

65-85%

pH

5-8

Un detersivo per stoviglie a mano liquido e con composizione media come vista in tabella 1 può dare dei grandi problemi per ingestione o per contatto con le mucose più delicate, ma in realtà chi non ha mai provato quei fastidiosi problemi di arrossamento ed eczemi, anche solo per l’uso conforme dei prodotti per pulire i piatti. È per questo che sui contenitori dei prodotti per il lavaggio si consiglia sempre di lavare con un paio di guanti in gomma e di risciacquare abbondantemente le mani dopo l’uso.

DETERGENTI E PIETRE
Proviamo ora a vedere che effetto possono indurre i vari costituenti dei detergenti sulle pietre.

 Piano in granito pulito con detergente acido (foto 1)  Piano in granito pulito con detergente acido (foto 2)
Foto 1 e 2. In questo caso è stato lasciato sul top  in granito un cleaner (a base acida, per rimuovere il calcare) tutta la notte. La mattina il piano si trovava in questa sistuazione.

Acidi
Possono essere preparati con leggere percentuali di acido citrico (limoni o agrumi), acetico (aceto o vino), fosforico, cloridrico, più raramente fluoridrico.
Per quanto riguarda i materiali lapidei usati per i top e i lavelli delle cucine, ricordiamo che sono solitamente in marmo o calcari sedimentari e quindi costituiti prevalentemente da calcite (e per inciso anche il calcare da eliminare come calcare dai lavandini è carbonato di calcio…). La calcite (CaCO3) fa viva effervescenza (cioè il tipico aspetto di “friggere”) con gli acidi anche diluitissimi a freddo. Ma poiché non vi è differenza di sorta tra il CaCO3 della pietra usata per costruire il lavello ed il calcare su esso depositatosi, va da sé che entrambi vengono disciolti se entrano a contatto con prodotti indicati per l’eliminazione di calcare o brillantanti vari (che hanno proprio la funzione di eliminare gli aloni di calcare).
Purtroppo anche la semplice sostituzione con limone o aceto nel nome di un prodotto più naturale può risultare corrosivo per il nostro bel lavello.
Per i graniti la situazione è leggermente più tranquilla, salvo che l’acido presente nei prodotti non sia fluoridrico (usato più raramente, ma pur sempre usato), che ha il potere di disciogliere completamente il quarzo, minerale costituente fondamentale dei graniti e spesso presente anche in altre categorie di lapidei, o fosforico, ma anche i prodotti a base di cloro possono provocare alterazioni anomale del colore o rigonfiamenti deturpanti.

Agenti abrasivi
Servono per effettuare un processo di micro abrasione sulle stoviglie per renderle brillanti. Preoccupati? Non ce n’è motivo! (ironico) E’ in sostanza quello che fa un banalissimo dentifricio sui nostri denti. Sono a base di marmo ridotto in polvere impalpabile. Ovviamente se l’azione abrasiva sulle stoviglie è apprezzata, così non accade se essa si sviluppa sul lavello, partendo con una eliminazione iniziale di eventuali trattamenti, per passare poi all’eliminazione della finitura lucida superficiale (generalmente quasi tutti i lavelli posti in opera sono lucidi…). Il risultato? L’acqua può penetrare nella parte bassa della pietra, risalire per capillarità, non evaporare nelle parti alte, meno abrase e, con tracce di trattamenti ancora in essere, macchiare la pietra: un disastro!

Antirideponenti
In linea di massima se il prodotto viene eliminato velocemente da superficie o lavello, non provoca problemi di sorta.

Candeggianti
Se non perfettamente trattati e purificati potrebbero contenere tracce di inquinanti che potrebbero indurre macchie anomale specialmente sulle pietre chiare, ma un candeggiante può anche sviluppare un’azione acida che oltre a corrodere può provocare la perdita del lucido dei lapidei.

Profumi, oli essenziali
Fondamentali per rendere invoglianti i vari prodotti, sono sostanze oleose che quindi, anche se in minime percentuali, si comportano alla stregua delle materie grasse. Potenzialmente possono essere assorbite per via capillare e alla lunga macchiare il materiale. Ma attenzione, anche appoggiarvi le posate sporche o le pentole unte può portare allo stesso problema.

Coloranti
Anche in questo caso, visto che le pietre sono – per quanto poco – porose, essi possono provocare locali aloni.

   
Foto 3 e 4. Un lavello in porfido (e dettaglio) rimosso da una cucina in quanto, dopo un periodo di utilizzo, mostra tracce di macchie nella sua parte superiore.

PROBLEMI SENZA SOLUZIONE?…
No, senza ombra di dubbio questi non sono problemi e men che meno sono privi di soluzione.
Innanzi tutto per chi decida di usare nella sua casa top e lavelli in pietra vale il consiglio di vivere con serenità i cambiamenti della propria cucina (non esiste nulla che sia eterno…), magari aiutandosi con trattamenti particolari che andranno periodicamente ripristinati sulla pietra. Esistono ad esempio trattamenti specifici per proteggere tutti i tipi di materiali a base di CaCO3, definiti commercialmente marmi, e a base silicatica come nei graniti e affini. Le due differenti linee di prodotti sono protettivi antimacchia idro e oleorepellenti.
Possono essere protettivi idro oleorepellenti a base acqua oppure possono essere protettivi idro oleorepellenti a base solvente e se possiedono magari una certificazione per il contatto alimentare secondo normativa Europea 90/128 ECC, la direttiva di riferimento per le materie plastiche che vengono a contatto con gli alimenti, tanto meglio!
Questi prodotti penetrano e si fissano nelle micro porosità del materiale conferendo l’effetto di idro oleorepellenza senza alterare la naturale traspirabilità della pietra e la sua bellezza.
Un altro piccolo suggerimento, per chi desidera comunque una ulteriore tutela, è quello di chiedere al momento dell’acquisto del lavello il marchio CE sull’oggetto in questione. Tale marchio, in pratica è una scheda tecnica che, in seguito ad una serie di test preventivi sul materiale lapideo usato “conferisce una presunta idoneità dei lavelli da cucina trattati […] per l’/gli impiego/i previsto/i” come preparazione di alimenti, lavaggio di stoviglie e scarico di acque reflue domestiche. Il marchio CE, quindi, dovrebbe garantire e favorire a priori la scelta di materiali lapidei che, per caratteristiche fisico-meccaniche e porosità, possano resistere meglio di altri al logorio da lavaggio.

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 geol. Anna Maria Ferrari
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Una risposta

  1. Francesco ha detto:

    Utilissimo, anche come ripasso per chi sta per affrontare l’esame di Tecnico del Restauro 🙂

    Complimenti ! Bel sito

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