Analisi chimica di una colla utilizzata nell’antichità

Analisi chimica di una colla utilizzata nell'antichità

  L’identificazione mediante analisi chimica di materiali archeologici è l’approccio scientifico ottimale per scoprire antiche tecniche artigianali.
I reperti portati alla luce dagli scavi a Narde, nella necropoli frattesina, risalgono al XII-IX sec. a.C.

Sostanze e composti naturali hanno composizioni organiche complesse che si alterano nel tempo.
Gli ambienti anaerobici e anidri, le basse temperature e l’assenza di luce sono fattori favorevoli alla conservazione dei materiali. Queste condizioni inibiscono i processi degradativi come l’ossidazione, l’idrolisi, la reticolazione, e riducono l’attività dei microrganismi.
Per conoscere la natura dei materiali, bisogna determinare la loro composizione chimica; dalla quale è possibile risalire alla loro origine e provenienza e magari anche alle tecniche di lavorazione.
Nei seguenti paragrafi, sono riportati e descritti i risultati ottenuti nella caratterizzazione del materiale rinvenuto nello scavo.

Osservazioni preliminari
Il materiale esaminato è stato campionato su due vasi di terracotta provenienti dalle tombe della necropoli di Narde, a Fratta Polesine (RO).
I due vasi, provenienti rispettivamente dalla tomba n° 177 e 222, evidentemente raccolti in frammenti, sono stati completamente ricostruiti. In entrambi i casi, però, si può notare localmente la presenza di un sistema di incollaggio sicuramente antecedente alla loro odierna ricostruzione: un caso, quindi, di restauro databile a qualche migliaia di anni.
Questo antico intervento di riparazione aveva riguardato sia la parte esterna, sia la parte interna dei vasi.
Il collante, di colore nero, lucido e con aspetto carbonizzato, presente nei punti di contatto di alcuni frammenti limitrofi, mostra una consistenza rigida e garantisce robustezza strutturale ai frammenti originariamente decoesi.
La campionatura è stata effettuata con un piccolo cutter sulle parti nere più esposte, senza asportare frammenti del vaso. Da questa operazione si sono ottenute le polveri e i residui che sono stati successivamente analizzati per verificare la composizione di tale collante.

Trattamento e sistema di analisi effettuati
L’analisi spettrale infrarossa permette di identificare l’eventuale presenza, nel collante, di sostanza organica. La tecnica consiste nel far attraversare il campione da una radiazione elettromagnetica nell’infrarosso; misurando la radiazione assorbita è possibile identificare la natura della sostanza.
Gli spettrogrammi ottenuti da entrambe le colle sono caratterizzati da bande e segnali molto intense e discriminanti, ma soprattutto sovrapponibili, il che sta ad indicare che il collante usato ha la stessa natura chimica ed è il medesimo in entrambi i vasi. I segnali sono verosimilmente associabili a materiale organico che contiene composti aromatici con gruppi funzionali alcolici e carbossilici.
Questi segnali sono correlabili ai composti terpenici aromatizzati che si trovano in natura sotto forma di resine vegetali il cui tipico comportamento è quello di essere siccative all’aria a causa dei doppi legami presenti nella loro struttura molecolare. Proprio questa caratteristica potrebbe aver agito da collante, in quanto, una volta applicate e lasciate all’aria, esse tendono a seccarsi e quindi a funzionare come legante.

Conclusioni
Nell’antichità, l’uomo utilizzava le resine naturali ottenute dall’essudazione delle piante, per le loro proprietà adesive e idrorepellenti.
Il trattamento a caldo delle resine vegetali permetteva di ottenere liquidi più o meno viscosi (pix liquida) molto efficaci come sigillanti per la riparazione di vasellame e come impermeabilizzanti per anfore usate per contenere liquidi e prodotti alimentari.
I trattamenti termici per l’ottenimento delle peci dalle resine comportano reazioni di ossidazione e di deidrogenazione con conseguente riduzione del peso molecolare delle miscele polimeriche di partenza (terpeni).
La pece derivante dalla resina estratta dalle piante appartenenti alla famiglia delle Pinacee, è un liquido che seccato, assume una consistenza compatta, lucente e di colore bruno.
I segnali del tracciato, discusso precedentemente, confermerebbero l’utilizzo della pece come materiale adesivo per la riparazione e come rivestimento interno per l’impermeabilizzazione dei vasi.

Anna Maria Ferrari

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