Il cavatore (2)

LIl cavatoree nuvole coprivano le cime delle montagne, la pioggia continuava a cadere fitta.
Il paesaggio era affascinante, ma al tempo stesso incuteva timore.
La guida continuava a raccontare la storia delle cave di marmo, io lo ascoltavo, pur continuando a fotografare. Rimasi incantato davanti al monumento del ”cavatore” scolpito alla perfezione, sembrava guardarti, sembrava vivo, sembrava volesse farti capire tutte le sofferenze e le fatiche che quel lavoro gli aveva procurato. Chi aveva scolpito quella statua ci aveva messo dentro l’anima.

Lasciammo il paese con l’auto per recarci in visita alle cave e alla larderia, a pensarci bene io ero venuto proprio per il lardo, non sapevo che Colonnata stesse a Carrara così fui doppiamente contento. La storia delle cave era veramente interessante ed era strettamente legata alla storia del lardo. Purtroppo l’ora era tarda e le cave erano chiuse, così ci limitammo a guardarle dal di fuori, mentre la guida continuava con le sue spiegazioni.
La signora ci offrì dei pezzettini di focaccia con sopra il famoso lardo poi ci mostrò la vasca, fatta col marmo del luogo, dove avveniva la stagionatura e ci spiegò tutto il procedimento di condimento.

Fuori della larderia un vecchietto mi sorrise dicendo che era lì per il vino, scambiammo qualche parola poi se ne andò, sarebbe ripassato più tardi. Guardandolo mi ricordava qualcuno ma non mi veniva in mente chi.
Acquistai del lardo ed un mortaio, naturalmente di marmo, poi ci recammo al bar per un aperitivo.
All’interno, in un angolo appartato, vidi di nuovo quel vecchietto, alzò il bicchiere per salutarmi, risposi con un gesto della mano, sorridendo, ma sconcertato. Come era possibile che era arrivato prima di noi? finii per pensare che forse conosceva qualche scorciatoia, ma non rimasi molto convinto. Bevemmo del vino, ottimo, si continuò a parlare delle cave e del lardo poi la guida mi consigliò, per il giorno dopo, di visitare le “Cinque Terre” spiegò come arrivarci e mi anticipò quello che avrei visto.

L’albergo aveva una vista spettacolare, dalla sala ristorante si poteva vedere una buona parte della cittadina di Carrara, ed il mare, ero felice come non mai.
La cena fu abbondante potei degustare i prodotti tipici ed il buon vino del posto.
La notte sognai il vecchietto che mi raccontava della cava, il duro lavoro dei cavatori, gli incidenti quando facevano brillare le mine ed i morti per le esplosioni difettose, il misero pasto del giorno composto di pane, pomodoro e lardo. Storie di vita, dura, fatta di privazioni, di fatica e senza un tornaconto giusto, neanche dopo la pensione. Mi salutò alzando la mano dove stringeva il bicchiere di vino e svanì nella nebbia.
La mattina ricordai perfettamente il sogno, era stato così reale che non sarebbe stato facile dimenticarlo. Rimasi per questo di malumore fino a quando il traghetto partì, il profumo del mare e la voglia di vedere la bellezza di quei luoghi cancellò la mia tristezza.
Portovenere, credevo fosse la prima tappa ma era solo uno scalo per il cambio del traghetto era in ogni caso uno scenario impareggiabile col suo castello costruito sulla roccia a strapiombo sul mare.

M’imbarcai sull’altro traghetto, presi posto a poppa senza salire al piano superiore così da stare al riparo dal vento, quando la barca partì sentii fischiare dalla banchina. Mi voltai e lo vidi lì con il suo sorriso e la mano alzata che mi salutava. Ricambiai il saluto ma il mio sorriso forse non fu così raggiante. Tornai a guardare il mare con lo sguardo perso nel nulla.
Scendemmo a Monterosso, le piccole imbarcazioni sulla spiaggia, le case colorate aggrappate alla roccia, la piazzetta col, mercato piena di colori e la gente che rendeva vivo quel piccolo paese.
Camminai un poco per gli stretti vicoli, tra le pittoresche viuzze scovai una locanda. Abbastanza invitante, tanto da farmi decidere per uno spuntino. Nel locale rustico con le travi di legno ed oggetti marinareschi appesi alle pareti, c’erano alcuni avventori intenti a consumare qualche bicchiere di vino e a chiacchierare. Mi misi a sedere dietro a due vecchietti che parlottavano tranquilli. Davanti a me un altro vecchietto col capo chino sul tavolo, forse mangiava o beveva, magari era appisolato.
Il telefonino squillò risposi in fretta per non infrangere la pace che regnava lì dentro. Ebbi due notizie fantastiche, il mio amico in coma da dieci giorni, ormai dato per spacciato, come per miracolo era tornato alla vita, era fuori pericolo. Il posto di direttore generale da me tanto ambito, mi era stato finalmente assegnato. Non potevo crederci, la fortuna finalmente stava viaggiando al mio fianco.

Mentre attendevo che il cameriere mi portasse ciò che avevo ordinato, non potei fare a meno di ascoltare ciò che dicevano le persone sedute dietro di me. Stavano parlando del Cavatore, più precisamente, del fantasma del Cavatore. La leggenda era intrigante così mi sistemai in modo da poter ascoltare meglio: il fantasma del Cavatore guardava negli occhi il suo prescelto, attraverso la statua che lo rappresentava a Colonnata, poi gli appariva ripetutamente salutandolo e sorridendo, il prescelto avrebbe ricevuto da quel momento una gran fortuna, il riscatto di tutte le sofferenze subite in vita dal Cavatore. Sarebbe poi sparito quando il fortunato avesse riconosciuto nell’uomo delle apparizioni, il volto della statua del Cavatore.
L’uomo seduto davanti a me si voltò e alzando il braccio col bicchiere mi salutò, nello stesso momento qualcuno dietro di me chiese se avevo da accendere, quando tornai a guardare avanti lui non c’era più.

Da quel giorno la mia vita cambiò radicalmente, ora vivo a Carrara e spesso mi reco a trovare il mio amico a Colonnata è un atto dovuto, una volta mi è sembrato anche che mi strizzasse l’occhio, ma posso anche sbagliarmi.

Racconto di Riko Zodiako
Fonte www.poesieracconti.it

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